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14 Nov 2025

Come gestire l’opt-in su WhatsApp API per garantire privacy e prevenire ban e segnalazioni

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Dunque, dunque. 

Se hai deciso di utilizzare WhatsApp API in maniera seria – cosa che ti consigliamo, vivamente – sarai sicuramente a conoscenza dell’importanza di ottenere un opt-in corretto dai tuoi utenti (abbiamo scritto un articolo dedicato).

Ma come muoversi in questo labirinto di norme, linee guida e best practice? E, soprattutto, come evitare il “flag rosso” di Meta e scampare a ban, segnalazioni (o denunce del Garante della Privacy)? 

In quest’articolo ci tuffiamo nella gestione del consenso clienti su WhatsApp, combinando spunti pratici, errori frequenti e strategie di compliance. 

Pronto a tracciare un’altra spunta verde sul tuo business? Cominciamo!

Di cosa parliamo quando parliamo di consenso clienti

Potrebbe suonare scontato, ma per inviarti un messaggio su WhatsApp usando le API Business, devi (semplicemente) avere il permesso esplicito dell’utente. 

Non stiamo parlando di un “sì, contattami pure” detto in chiamata o di una micro-dicitura inserita nel fondo di una pagina web, quanto piuttosto di un opt-in documentato e conservabile (a prova di GDPR) che, in soldoni, attesta: “l’utente X mi ha autorizzato a inviargli i messaggi su WhatsApp e a raggiungerlo con contenuti promozionali, se l’ha confermato”.

Come ottenere questo consenso?

  • Form web: al momento dell’iscrizione a un servizio, inserisci un bel checkbox dedicato a “ricevi aggiornamenti su WhatsApp?”, con l’informativa di privacy annessa.
  • SMS (eh sì, anacronistico, ma in certi casi si fa ancora ed è vantaggioso)… mandi un messaggino e chiedi di rispondere con “ACCONSENTO”.
  • Landing page + tap su un pulsante “clicca per confermare su WhatsApp”.
  • Altri canali, come email, pop-up sul sito, QR code esposti in negozio… l’importante è che sia chiaro, visibile e (pienamente) comprensibile.

Il mondo dei consensi che sorreggono tutta la tua strategia di marketing e di comunicazione aziendale si regge su un principio: la gente dev’essere conscia di “cosa” sta accettando, e tu devi tracciare “chi,” “quando,” e “come” ha acconsentito, in modo da esibire la prove fattuali della tua professionalità in caso avvenga un contenzioso. 

Ebbene, ecco perché la policy di WhatsApp (ormai di dominio di Meta) non transige: o hai un opt-in come si deve, o rischi la chiusura del canale.

Parliamo di GDPR X WhatsApp

Non tutti ne sono a conoscenza ma l’Unione Europea è piuttosto severa sulla protezione dei dati personali. E la gestione dei contatti su WhatsApp rientra, a pieno titolo, in un discorso di trattamento dati.

  • Se invii contenuti promozionali su WhatsApp, la base giuridica prevalente è il consenso (opt-in specifico). Per l’invio di alcuni messaggi transazionali (come conferme di ordini e/o tracking spedizioni) potresti rientrare nella base contrattuale. Ma stiamo attenti a non confondere.
  • Devi dirlo chiaro, fin da subito: “utilizzeremo WhatsApp per inviarti info e promozioni”. Se, invece, conti di mandar solo ricevute e assistenza, chiariscilo altrove, con un messaggio ad hoc: “useremo WhatsApp per aggiornarti sullo stato dell’ordine”.
  • L’utente ha, sempre, la facoltà di recedere dalla lista dei tuoi contatti e interrompere le comunicazioni. E tu devi rispettare la sua scelta senza frapporre ostacoli troppo astrusi. Un semplice “Rispondi STOP su WhatsApp”, e via.

Una menzione speciale: occhio a conservare i log di questi consensi (un ID univoco, una data o un orario) in caso di controlli. Non esageriamo quando ti diciamo che la mancanza di un tracking ben fatto è la scusa perfetta per i Garanti nazionali di sanzionarti.

Le regole Meta per WhatsApp Business

Meta è un sistema estremamente complesso e avanguardistico – e, di conseguenza, non sorprende che le sue linee guida siano tra le più complete e “rigide” al mondo. 

Come forse saprai, esiste una business policy per chi usa le API di WhatsApp, consultabile online.

I principi che devi assolutamente conoscere sono i seguenti: 

  • No spam. Non puoi inondare gli utenti di broadcast o template non autorizzati.
  • No contenuti illegali o borderline (si parla di armi, farmaci senza ricetta, prodotti vietati… e così via).
  • Template approvato. Se vuoi inviare messaggi ricorrenti con un certo testo standard, devi farli passare attraverso l’approvazione di WhatsApp.
  • Messaggi “promotional and transactional”. Per i messaggi promozionali, serve un opt-in dedicato. E bada bene: 
    • Se l’utente contatta te per primo (inbound), puoi rispondere entro 24 ore con messaggi di “servizio,” anche commerciali, ma attieniti alle policy.
    • Se devi “riaprire” la chat dopo 24 ore e inviargli un codice sconto o un piccolo reminder di un carrello lasciato a metà, occorre un template (message template) e, soprattutto, un consenso pregresso.

BAN & SEGNALAZIONI

Gli utenti possono segnalarti se reputano i tuoi messaggi indesiderati/inopportuni. WhatsApp – che di solito incrocia i dati di segnalazione – può bannarti se la percentuale di “spam complaint” è troppo elevata. 

E sì, ciò potrebbe significare che magari un bel giorno ti svegli e… “il tuo account è stato disattivato” perché la tua ratio di lamentele ha superato il limite.

Volendo evitare catastrofi, conviene mantenere un ricambio di contatti “freschi” ma, soprattutto, ottenere un opt-in trasparente e rispettare la frequenza e il tipo di contenuti promessi. Se l’utente si aspettava solo “notifiche su ordini” e tu mandi info quotidiane di sconti improbabili, è probabile che la segnalazione sia dietro l’angolo.

Le best practices per il marketing conversazionale

Non confondiamoci: fare marketing su WhatsApp è una grande opportunità ma bisogna condirla con un pizzico di empatia e rispetto delle regole. Diventare “invadenti” sul canale più personale che esista, quello in cui l’amico, la fidanzata o la mamma manda i messaggi di buon compleanno, è un modo rapidissimo per perdere la reputazione faticosamente costruita. 

Ecco qualche spunto utile da applicare fin dal giorno zero. 

  • Sii chiaro fin dall’inizio: “ciao Marco, sto per inviarti news su sconti, lanci di prodotti e – se vuoi – un’assistenza rapida sul tuo ordine. Sei d’accordo?”.
  • Non esagerare con la frequenza, perché le persone vogliono le info giuste al momento giusto, non un bombardamento quotidiano.
  • Personalizzazione. Se il tuo CRM sa che Mario è interessato ai cappotti invernali e vive a Milano, eviterai di proporgli costumi da bagno femminili durante la primavera. Altrimenti la tentazione di disiscriversi è altissima.
  • Se l’utente ti contatta rispondi entro 24 ore. Se la finestra si chiude per inviargli nuovi messaggi serve una richiesta ex novo. Quindi, organizza bene i tuoi funnel e i bot di automazione.

Per quanto banale sembri, la prevenzione migliore è in questa formula: 

Richiesta di contatto (con consenso valido)+Contenuti in linea con l’aspettativa=utente soddisfatto e niente segnalazioni.

I messaggi promozionali su WhatsApp

Sì, i messaggi promozionali su WhatsApp esistono e – se correttamente usati – sono vincenti. Del resto, quasi chiunque apre e legge la notifica, contrariamente alle e-mail, che finiscono in spam o ignorate. 

Ma c’è un rovescio della medaglia: a WhatsApp & Meta non piace che tu bombardi la tua lista contatti con dello spam promozionale. Quindi la soluzione sta nel famoso template.

Spieghiamoci un attimo:

  • Quando intendi avviare una conversazione “unilaterale” (cioè tu verso l’utente) dopo 24 ore dall’ultima chat inbound, devi farlo con un template.
  • Questo template dev’essere “approvato” da WhatsApp e riflettere la tipologia di messaggio (promozionale, informativo, di marketing, transazionale).
  • Se prevedi di inviare sconti e codici coupon, ricordati di personalizzare il testo e, soprattutto, di avere una base di contatti che abbia acconsentito a ricevere queste comunicazioni.

Da un punto di vista pratico, se la percentuale di “segnala come spam” sale troppo, l’algoritmo brucia il tuo rating, facendoti rischiare la chiusura – ahinoi.

Venendo al sodo: come evitare questo rischio?

  • Tieni un occhio sui KPI. Controlla la percentuale di segnalazioni, la frequenza di disiscrizione e quanti “block” ricevi. Se noti un aumento, riduci i messaggi e analizza i contenuti (forse stai infastidendo più che promuovendo).
  • Segmenta i contatti. Proponi contenuti coerenti con gli interessi degli utenti evitando di spedire la stessa identica promo a tutto il database.
  • Frequenza. Non passare da 0 a 100 in un giorno. Se hai 10.000 contatti, non inviargli tutti un template promozionale di colpo. Magari scagliona l’invio e controlla le reazioni.
  • Messaggi di “test”. Prima di lanciarti in un mass sending, fa un test su un piccolo gruppo pilot. Se fioccano le segnalazioni, hai tempo di correggere il tiro.

C’è chi consiglia di “pulire” periodicamente la lista, rimuovendo contatti inattivi e riducendo il rischio di feedback negativi. In aggiunta a quanto detto invita sempre l’utente a disiscriversi se non è più interessato. Sì, contrariamente a quello che la pancia del marketer suggerisce, lasciare il contatto libero di scegliere ti difenderà da rogne e segnalazioni a non finire. 

Come impostare l’opt-in su WhatsApp: la guida passo passo

A questo punto, conviene dedicare un po’ di spazio alla nostra  “guida operativa” per impostare l’opt-in in maniera inattaccabile (o quasi).

  • Definisci la finalità; cioè scegli se contatterai (a) solo per info di servizio, (b) anche per marketing, (c) per scopi ibridi. Il testo dell’opt-in cambia di conseguenza.
  • Crea un modulo/checkbox. Se l’acquisizione è online, la cosa più comune è un form per inserire il numero di telefono e un box “Acconsento a essere contattato su WhatsApp per X, Y, Z”.
  • Informativa privacy. Due righe, almeno, con link all’informativa estesa: “tratteremo i tuoi dati su base di consenso, potrai disiscriverti con STOP, e non li cederemo a terzi…” e tutto il resto.
  • Double opt-in? Non sempre obbligatorio (dipende dal paese, e anche dalle policy di WhatsApp), ma c’è chi lo preferisce: “inserisci il codice che ti ho inviato su WhatsApp per confermare”. 
  • Tracking, Salva in un database (CRM, piattaforma marketing o PingUp se vuoi un sistema integrato) i dettagli dell’opt-in: data, IP (se possibile), user agent, e così via.

Fatto ciò, puoi tranquillamente passare a contattare l’utente, certo di non star violando la sua privacy e di avere le spalle coperte se un giorno lui ti contesta il fatto di aver mai dato il consenso.

NO ALL’USO DELLE “LISTE COMPRATE”

Ecco un argomento spinoso: c’è chi pensa di far prima comprando una lista di contatti e sparando template massivi su WhatsApp. Beh… errore madornale. Non c’è (quasi) nulla di più rischioso. Non solo è (per la maggior parte) illegale ai sensi del GDPR, ma è pure una certezza di segnalazioni altissime, ban immediato e reputazione rovinata.

In sostanza: non usare liste di contatti “comprate” o reperite in rete. WhatsApp non è come l’email, in cui a volte si sfugge al ban con meccanismi di spam-limite. Qui l’utente, se non ti conosce, potrà cliccare “segnala come spam” due secondi dopo aver letto “ciao, ecco la tua offerta eccetera eccetera…”. E la piattaforma comprende che stai operando in maniera poco etica.

Quindi, la soluzione è: generare i lead in casa, con funnel, ADV, form, e chiedere in modo genuino e limpido il consenso. Ci vuole più tempo, ma i risultati in termini di vendite reali e zero rogne legali è impareggiabile.

Conclusioni e raccomandazioni finali

Noi di PingUp speriamo vivamente d’averti chiarito i punti chiave del consenso utenti WhatsApp per prevenire ban e segnalazioni. 

Nell’era dell’omnichannel e del marketing conversazionale, un canale come WhatsApp rimane un’arma potentissima, se la maneggi con scrupolo.

E allora…

  • Chiedi sempre il permesso e conservalo, preferibilmente in un CRM.
  • Stabilisci aspettative realistiche. Quante volte e quali contenuti? 
  • Rispetta la policy di WhatsApp (no spam, no abusi).
  • GDPR is real… in Europa, soprattutto, occhio a come tratti i dati.
  • Template e tempi. Impara la differenza fra messaggi inbound e outbound, sennò brancoli nel buio.
  • Monitora segnalazioni e feedback, e se fiuti la frustrazione generale dei tuoi clienti corri ai ripari effettuando dei test a campione. 

Il segreto è di ragionare in termini di brand building: un’azienda che rispetta i tempi e i confini dell’utente (e la sua privacy) si guadagna la sua fiducia. E la fiducia, nel marketing, è il trigger che alimenta la macchina delle vendite.

Ora tocca a te mettere in pratica questi passaggi. Pianifica un flusso di opt-in chiaro e granulare, aggiornalo periodicamente, controlla i tuoi funnel su WhatsApp, e vedrai che i clienti non si lamenteranno di troppi messaggi – anzi, percepiranno un servizio di valore.

Noi, dal canto nostro, ti diamo il benvenuto nel futuro della comunicazione “smart” su WhatsApp, con un occhio di riguardo a privacy, GDPR e policy Meta. È un mix magari complesso all’inizio, ma che, se gestito con acume e un pizzico di automazione, ti ripagherà abbondantemente in termini di vendite, relazioni con i clienti e reputazione.

 

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